Il Santuario, situato al confine tra Villa di Briano (un tempo Frignano Piccolo) e Casal di Principe, sorge su un sito di probabile origine pagana, forse un altare per sacrifici. La prima testimonianza storica è del 430 d.c. quando i monaci benedettini fecero costruire un’edicola intitolata a Santa Maria. La chiesetta venne costruita probabilmente dopo l’anno Mille e nel 1549 venne fatto costruire, accanto ad essa, un monastero, usato anche come rifugio durante la peste. Il culto, testimoniato anche da diversi ex voto, è cresciuto in modo esponenziale il secolo scorso, dopo un episodio “miracoloso” accaduto nel 1924 a tal Francesco Zippo, un paralitico che, secondo il suo racconto, era guarito dopo l’incontro, proprio nei pressi del Santuario, con la Madonna di Briano apparsa nelle vesti di una contadina. Diversi erano i riti e le tradizioni legate al piccolo santuario, soprattutto in tempi passati. Ad esempio, la processione a piedi alla Madonna dell’Arco che partiva la notte di Pasqua per giungere a San’Anastasia all’alba del Lunedì in Albis. Oppure la processione alla Madonna di Casaluce in cui i fedeli portavano in testa una corona di spine, disponendosi in doppia fila e sostenendosi ad una corda, e al ritorno, dopo aver fatto lo “strascino”, ovvero aver percorso con la lingua a terra lo spazio che va dall’uscio della Chiesa fino all’altare tra 2 ali di “battenti”, si percuotevano la schiena con la corda (“disciplina”).
Tra le tradizioni rimaste c’è la cosiddetta “prianella” ovvero la scampagnata fatta dopo Pasqua nei dintorni del Santuario accompagnati dal tradizionale “tortano” e dai classici dolciumi (torroni, arachidi zuccherati, ecc.) venduti dalle numerose bancarelle presenti. L’appuntamento tradizionale centrale è, però, diventato la festa con relativa “tammurriata” che, secondo le testimonianze di alcuni anziani, si svolgeva un tempo il Mercoledì in Albis ora, invece, la Domenica successiva. Infatti, nell’ottava di Pasqua, molte sono le paranze dell’area giuglianese e domiziana che si recano al Santuario con i loro carri addobbati e trainati da cavalli o trattori, per esibirsi in canti e balli sul tamburo nel classico stile dell’area.