La relazione ancestrale di Totò con la musica si è manifestata in molteplici occasioni. Senza ribadire i titoli di tante sue riviste e esibizioni di avanspettacolo in bianco e nero, ma soffermandoci appena su un grappolo di titoli dei film che ha interpretato, possiamo rievocare “Totò, Peppino e la dolce vita”, “Totò a colori”, “Rita, la figlia americana”, “Totò le Mokò”, “Fermo con le mani”, “Il medico dei pazzi”, “Un turco napoletano”, “Totò, Peppino e la malafemmina”, “Totò a Parigi”, “Siamo uomini o caporali?”, “Totò di notte n.1”, “Totò terzo uomo”, “Dov’è la libertà?”, “Risate di gioia”, “Uccellacci e uccellini”.
“Ma vuoi mettere il temperamento musicale di un napoletano!? Ma dico ... scherziamo o facciamo sul serio?!” – ammonisce Totò Lumaconi in una scena di “Totò le Mokò”.
Questo progetto nasce d’istinto una mattina d’inverno, a marzo 2021. Appena sveglio, annichilito dal silenzio feroce del secondo lockdown da Covid-19, perduto nelle tenebre spirituali e creative, imbambolato in una spietata afasia, rifletto che Malafemmena compie 70 anni. Non posso trascurare questo speciale anniversario. In un istante ragiono che, sì, i versi di Malafemmena sono diventati canzone memorabile e osannata e sono giunti ovunque nel pianeta.
Ma tutte le altre poesie firmate da Totò, oggi, come possono suonare? Cosa possono diventare? Come possono pulsare? Quale effetto possono provocare?
Sono musica elettronica, mi dico, in un fulmineo pensiero. Percepisco in modo incosciente la simbiosi tra i versi totoisti e i soundscape futuribili. E comincio a cercare per casa i volumi e gli appunti di Antonio de Curtis che da sempre custodisco. Penso subito a una cosa però: voglio al mio fianco un musicista sapiente ma, più di tutto, un artista di cui mi fido. Che capisca immediatamente la natura di questa idea poetico-musicale, che sia cosciente del percorso da compiere insieme e che ami Totò quanto o più lo amo io. È Lello Tramma. Siamo amici da circa vent’anni. Ci siamo sfiorati più volte sul piano artistico. Il punto più vicino della nostra relazione creativa è stato quando mi ha invitato a scrivere una prefazione per il booklet del suo album solista “Faccio un giro in tram” [2018] dopo le avventure discografiche vissute con la sua band Palkoscenico. Lo chiamo al telefono, gli dico di ascoltarmi tre minuti e alla fine della mia spiegazione mi dice “Dobbiamo cominciare già domani! Non perdiamo neanche un giorno. È un’idea atomica”.
La priorità fin dalla prima ora resta l’ubbidienza alla poesia del Principe. Non desideriamo creare canzoni. C’è già una musica intensa nelle sillabe di de Curtis e vogliamo renderla contemporanea. A prescindere dal magico affresco che è “’A livella”, e so già di non volere elaborare, per concentrarci sulle opere sconosciute e impolverate, sono consapevole della forza sotterranea e tellurica delle liriche. Dopo la conversazione con Lello Tramma ho telefonato subito a Elena Anticoli de Curtis. La nipote di Totò. Sua madre è Liliana, l’unica figlia di Antonio de Curtis e Diana Bandini Lucchesini Rogliani. Le ho detto qual era il mio desiderio creativo e Elena ha detto subito sì. Con una generosità e fiducia introvabili, ha sottolineato la sensazione di felicità per il progetto dell’amato nonno e ci ha supportato spiritualmente in maniera costante e impeccabile. Perciò Totò Poetry Culture è un progetto indipendente e underground. Non ambisce all’applauso di tutti né sa che è possibile o automatico riceverlo. Quel che sappiamo è l’identità del duo. E il significato dei tre vocaboli che formano il nostro passaporto. Totò è Totò, pacifico. Poetry Culture invece ha senso sia tenendo insieme i due termini sia separandoli. Nel primo caso, vuol dire fare attenzione all’essenza culturale della sua poesia (poetry). Nel secondo caso, allude al fatto che queste architetture sonore possono avere spazio sul dancefloor, nel mondo che solitamente viene descritto come club culture. Dunque l’equazione scorre e ha una sua matematica natura.