Core analfabeta / Ammore perduto

Nel lungometraggio, censurato, “Siamo uomini o caporali?” (1955), Totò-Esposito sopravvive a una infinita odissea umana. Lotta, resiste, insiste, immagina soluzioni per non soccombere alle sciagure quotidiane. La sua forza è nella sua arte. Una dote che lo rende pazzo agli occhi della gente. E dei potenti prepotenti. E in una canzone delicatissima e fragile, in questi versi naturali e sparpagliati, dichiara il suo amore a Sonia. Una coppola a barchetta in testa, un cappotto per resistere al ghiaccio, al collo una sciarpetta recuperata da una copertina. E una seggiola su cui dondolare la sua malinconia lenta. Totò canta. Stu core analfabeta. Suspiro ‘o core mio femmena amata. Chistu velluto m’accarezza ‘o core

Una suite, un ottovolante romantico in cui perdersi, lasciarsi andare, tuffarsi, senza timori, rincorrendo quel bacio che è nascita e morte. A quella poesia che è diventata una installazione luminosa lungo via Vergini, abbiamo immediatamente pensato per sviluppare un itinerario electro-ambient-sufi su cui innestare la voce recitante. Perché la santità qawwali di Nusrat Fateh Ali Khan né io né Lello ce la scordiamo. E, per affinità sentimentale, qui v’è cucito il lampo “Ammore perduto”. Minuscole sillabe, un paio di quartine, che esclamano la perdita e la penitenza. In questo caso, non abbiamo abiurato al verbo degli Underworld, che fanno da ponte fra il Pakistan e il Regno Unito. Per il videoclip, poi ambientato fra Castel Volturno, Capri, rione Sanità, Monte Matese, Lago Patria e ex Italsider, a un certo punto viene in mente anche l’idea di girare tutto nei vicoli, nelle gelaterie, nei bar e nelle macellerie di Apice Vecchia. Ma la scelta è fatta. Neve, mare, cavalli, scarafaggi, pietre, piante, ruggine e barche, grotte, sole e jacaranda.