Da un’antica edicola votiva risalente al XVI sec. fu tratta, agli inizi del ‘600, una cappella e poi, sempre nello stesso secolo, fu eretta la chiesa di Maria SS. Incoronata, dopo un episodio miracoloso nel quale, come narra la leggenda popolare, un lebbroso era guarito dopo essersi lavato nell’acqua del fuosso sitato nei pressi. Molti sono i riti legati al culto della Madonna dei Bagni di Scafati. La preparazione di sciure e papagne (fiori di papaveri e camomilla) che si avvolgono in fazzoletti e nel giorno della festa si strofinano alle pareti della chiesa per poi essere conservati durante l’inverno come panacea per tutti i mali. Oppure ‘o vacile cu ‘e rrose (bacinella con petali di rose immersi nell’acqua) che viene posto sull’uscio delle case e, dopo essere stato benedetto da un angelo durante la notte dell’Ascensione, viene l’indomani mattina usato per lavarsi con un effetto di purificazione.
Due sono i momenti centrali legati al culto della Madonna dei Bagni. Il mercoledì prima dell’Ascensione c’è la tradizionale processione dei fedeli al cosiddetto fuosso ‘e Vagne, a 500 metri dall’attuale Santuario, presso la fonte miracolosa dove si raccoglie l’acqua nelle mummarelle, tipiche anfore di creta. Già in quest’occasione diversi sono i raduni spontanei di fedeli che si esibiscono in canti devozionali e balli sul tamburo. C’è poi la Domenica dell’Ascensione, quando avviene la sfilata dei carrettone ‘e Vagne, ovvero carretti trainati da cavalli addobbati con fronde e fiori di carta crespa e carta velina, ed effigi della Madonna. È questo il giorno della festa e della “tammurriata” nel tipico stile dell’area dell’agro nocerino-sarnese, caratterizzato in particolare da un’articolazione a due voci alterne del canto, che presuppone un “patrimonio” di testi popolari condivisi dai vari cantatori. Gli strumenti che accompagnano il canto e il ballo sono quelli tipici: tammorra, tricchebballacche e castagnette. Tra i più bravi cantatori dell’area troviamo Giovanni Del Sorbo di Scafati, conosciuto come zì Giannino, purtroppo recentemente scomparso, e il più giovane Biagio De Prisco, detto Biagino, di San Marzano sul Sarno che ne ha raccolto per certi versi l’eredità.